Tempo di lettura per bambini: 19 min
Attenzione: Questa è una storia spaventosa.
Molto tempo fa, saran duemila anni, c’era un ricco che aveva una moglie bella e pia; si volevano molto bene, ma non avevano bambini. Essi li desideravano tanto ma, per quanto la donna pregasse il buon Dio giorno e notte, i figli non venivano mai. Davanti alla loro casa, in cortile, c’era un pianta di ginepro. Un giorno, d’inverno, la donna sedeva sotto il ginepro intenta a sbucciarsi una mela e, sbucciandola, si tagliò un dito, e il sangue cadde sulla neve. -Ah- disse la donna sospirando e, tutta mesta, guardava quel sangue -avessi un bambino rosso come il sangue e bianco come la neve!- Come ebbe pronunciato queste parole, gioì in cuor suo, come se avesse avuto un presentimento. Andò a casa e passò una luna e la neve scomparve; dopo due lune la terra tornò a diventare verde; dopo tre lune spuntarono i fiori; dopo quattro lune gli alberi del bosco si colmarono di linfa e i rami verdi si intricarono fitti: gli uccellini cinguettavano da far risuonare tutto il bosco e i fiori cadevano dagli alberi; passata la quinta luna, la donna se ne stava sotto il ginepro e l’odore della pianta era così dolce che il cuore le scoppiava di gioia, ed ella cadde in ginocchio per la grande felicità; dopo la sesta luna i frutti ingrossarono, ed ella si chetò; alla settima luna colse alcune bacche del ginepro e le mangiò avidamente e si fece triste e si ammalò; passò l’ottava luna, ed ella chiamò suo marito e disse piangendo: -Se dovessi morire, seppelliscimi sotto il ginepro-. Poi si consolò e tornò a rallegrarsi, fino a quando, trascorsa la nona luna, le nacque un bambino, bianco come la neve e rosso come il sangue, e quando ella lo vide, la sua gioia fu così grande che morì. Allora il marito la seppellì sotto il ginepro e pianse amaramente; dopo qualche tempo incominciò a calmarsi, pianse ancora un po‘, poi di smise di disperarsi e, dopo un’altro po‘, riprese moglie. Dalla seconda moglie ebbe una figlia, mentre dalla prima aveva avuto un maschietto, rosso come il sangue e bianco come la neve. Quando la donna guardava la figlia, le voleva tanto bene; ma quando guardava il bambino, si sentiva trafiggere il cuore e le sembrava che egli la ostacolasse in ogni cosa. Pensava sempre a come fare avere a sua figlia tutta l’eredità; ispirata dal maligno si mise a odiare il ragazzo, e lo cacciava da un angolo all’altro, e lo picchiava, sicché‚ il povero bambino aveva sempre tanta paura; quando usciva di scuola non aveva più pace. Una volta la donna era salita in camera; poco dopo vi giunse anche la figlioletta e disse: -Mamma, dammi una mela-. -Sì, bimba mia- disse la donna e tirò fuori dal cassone una bella mela. Il cassone aveva un gran coperchio, pesante, con una serratura di ferro grossa e tagliente. -Mamma- disse la bimba -anche mio fratello potrà averne una?- La donna si indispettì, ma disse: -Sì, quando torna da scuola-. E, quando lo vide arrivare dalla finestra, come se fosse posseduta dal maligno, strappò la mela a sua figlia e disse: -Non devi averla prima di tuo fratello-. Poi gettò la mela nel cassone e lo richiuse. Quando il bimbo entrò, invasata dal diavolo, gli disse simulando dolcezza: -Figlio mio, vuoi anche tu una mela?- e lo guardò con il volto sconvolto. -Mamma- disse il bambino -hai una faccia che fa spavento! Sì, dammi una mela!- Le parve di dovergli fare animo. -Vieni con me- disse, e sollevò il coperchio -prenditi una mela.- E quando il bimbo si chinò, il diavolo la consigliò e, paff!, ella chiuse il coperchio sbattendolo, sicché‚ la testa schizzò via e andò a cadere fra le mele rosse. Allora ella fu presa dalla paura e pensò: „Potessi allontanarlo da me!.“ Andò di sopra nella sua camera e prese dal primo cassetto del suo comò un fazzoletto bianco, appoggiò nuovamente la testa sul collo e lo fasciò con il fazzoletto, in modo che non si vedesse niente; mise a sedere il bambino davanti alla porta con la mela in mano. Poco dopo Marilena andò in cucina da sua madre che se ne stava davanti al focolare a rimestare una pentola d’acqua calda. -Mamma- disse Marilena -mio fratello è seduto davanti alla porta ed è tutto bianco e ha in mano una mela; gli ho chiesto se me la dava, ma non mi ha dato risposta; allora mi sono spaventata.- -Vacci ancora- disse la madre -e se non ti risponde di nuovo, dagli una sberla!- Allora Marilena andò e gli disse: -Fratello, dammi la mela!- ma questi continuava a tacere ed ella gli diede uno scapaccione, e la testa ruzzolò per terra. Atterrita, si mise a piangere e a singhiozzare, e corse dalla mamma a dirle: -Ah, mamma! ho staccato la testa a mio fratello!-. E piangeva e piangeva e non voleva darsi pace. -Marilena- disse la madre -cos’hai fatto! Ma chetati che nessuno se ne accorga, tanto non si può farci niente: lo cucineremo in salsa agra.- La madre prese il bambino e lo fece a pezzi, lo mise in pentola e lo fece cuocere nell’aceto. Ma intanto Marilena se ne stava lì vicino e piangeva e piangeva e le lacrime finivano tutte nella pentola e non c’era bisogno di sale. Quando il padre tornò a casa, si sedette a tavola e disse: -Dov’è mio figlio?-. In quel mentre la madre portò un piatto grande grande, pieno di carne in salsa agra, e Marilena piangeva da non poterne più. Allora il padre ripeté‚: -Dov’è mio figlio?-. -Ah- disse la madre -se n’è andato in campagna, dal prozio; vuol fermarsi un po‘ là.- -Che ci va a fare? E senza neanche salutarmi!- -Be‘ aveva voglia di andarci e mi ha chiesto se poteva fermarsi sei settimane. Starà bene là.- -Ah- disse l’uomo -mi dispiace proprio! Non è giusto, avrebbe dovuto dirmi almeno addio!- Detto questo, incominciò a mangiare e disse: -Marilena, perché‚ piangi? Tuo fratello ritornerà-. -Ah, moglie- aggiunse poi -che roba buona è mai questa, dammene ancora!- E più ne mangiava, più ne voleva e diceva: -Datemene ancora, e voi non mangiatene: è come se fosse roba mia-. E mangiava e mangiava buttando tutte le ossa sotto la tavola, finché‚ ebbe finito. Marilena intanto andò a prendere il suo più bel fazzoletto di seta dall’ultimo cassetto del suo comò, raccolse tutte le ossa e gli ossicini che erano sotto la tavola, li depose nel fazzoletto di seta e li portò fuori, piangendo calde lacrime. Li mise nell’erba verde sotto il ginepro, e come l’ebbe fatto si sentì meglio e non pianse più. Allora il ginepro incominciò a muoversi, i rami si scostavano e poi si riunivano di nuovo, come quando uno è contento e fa così con le mani. Poi dalla pianta uscì una nube e sembrava che nella nube ardesse un fuoco, e dal fuoco volò fuori un bell’uccello che cantava meravigliosamente e si alzò a volo nell’aria; e quando se ne fu andato, il ginepro tornò come prima e il fazzoletto con le ossa era scomparso. E Marilena era felice e contenta, proprio come se il fratello fosse ancora vivo. Se ne tornò a casa tutta allegra, si mise a tavola e mangiò. L’uccello intanto era volato via, si era posato sulla casa di un orefice e si era messo a cantare:-La mia mamma mi ha ammazzato e mio padre mi ha mangiato. Marilena, la mia sorella, l’ossa ha legato con la cordicella; una corda di seta ha usato, e sotto il ginepro ha tutto celato. Cip! Cip! Che bell’uccello ha qui cantato!-L’orefice era nella sua bottega e stava lavorando una catena d’oro quando udì l’uccello cantare sul suo tetto, e trovò quel canto bellissimo. Si alzò per uscire e perse una pantofola, ma volle andare lo stesso in mezzo alla strada, anche se aveva una pantofola e una calza. Aveva indosso il suo grembiule di cuoio e in una mano teneva la catena d’oro, nell’altra le tenaglie; e il sole splendeva illuminando tutta la strada. Si fermò a guardare l’uccello. -Uccello- disse -come canti bene! Cantami ancora una volta la tua canzone.- -No- rispose l’uccello -non canto due volte senza una ricompensa: se mi dai la catena d’oro te la canterò di nuovo.- -Eccotela- disse l’orefice -e ora canta ancora!- Allora l’uccello discese a prendere la catena d’oro, la prese con la zampa destra, si posò davanti all’orefice e cantò:-La mia mamma mi ha ammazzato e mio padre mi ha mangiato. Marilena, la mia sorella, l’ossa ha legato con la cordicella; una corda di seta ha usato, e sotto il ginepro ha tutto celato. Cip! Cip! Che bell’uccello ha qui cantato!-Poi l’uccello volò alla casa di un calzolaio, si posò sul tetto e cantò:-La mia mamma mi ha ammazzato e mio padre mi ha mangiato. Marilena, la mia sorella, l’ossa ha legato con la cordicella; una corda di seta ha usato, e sotto il ginepro ha tutto celato. Cip! Cip! Che bell’uccello ha qui cantato!-Il calzolaio l’udì e corse davanti alla porta in maniche di camicia. Guardò sul tetto e dovette ripararsi gli occhi con la mano perché‚ il sole non lo abbagliasse. -Uccello- disse -come canti bene!- E chiamò dalla porta: -Moglie, vieni giù, c’è un uccello che canta così bene!-. Poi chiamò sua figlia, i figli e i garzoni, il servo e la serva e tutti andarono in strada a vedere l’uccello. Com’era bello! Le sue piume erano rosse e verdi, e attorno al collo sembrava tutto d’oro, e gli occhi gli brillavano come fossero stelle. -Uccello- disse il calzolaio -cantami ancora una volta la tua canzone.- -No- rispose l’uccello -non canto due volte senza una ricompensa: devi regalarmi qualcosa.- -Moglie- disse l’uomo -vai in solaio; sull’asse più alta c’è un paio di scarpe rosse: portale qui.- La donna andò a prendere le scarpe. -Ecco qua, uccello- disse l’uomo -ora cantami di nuovo la tua canzone.- L’uccello scese a prendere le scarpe con la zampa sinistra, poi volò sul tetto e cantò:-La mia mamma mi ha ammazzato e mio padre mi ha mangiato. Marilena, la mia sorella, l’ossa ha legato con la cordicella; una corda di seta ha usato, e sotto il ginepro ha tutto celato. Cip! Cip! Che bell’uccello ha qui cantato!-Quando ebbe finito di cantare, volò tenendo la catena nella zampa destra e le scarpe nella sinistra. Volò lontano fino a un mulino, il mulino girava: clipp clapp, clipp clapp, clipp clapp. E nel mulino c’erano venti garzoni che battevano una macina con il martello: tic tac, tic tac, tic tac. E il mulino girava: clipp clapp, clipp clapp, clipp clapp. Allora l’uccello volò su di un tiglio davanti al mulino e cantò:-La mia mamma mi ha ammazzato-e uno smise di lavorare-e mio padre mi ha mangiato. – Altri due smisero di lavorare e ascoltarono – Marilena, la mia sorella,-altri quattro smisero di lavorare – l’ossa ha legato con la cordicella; una corda di seta ha usato,-solo otto battevano ancora-e sotto il ginepro-ancora cinque – ha tutto celato. – ancora uno – Cip! Cip! Che bell’uccello ha qui cantato!-Allora anche l’ultimo smise di lavorare e pot‚ ancora sentire la fine. -Uccello- disse quest’ultimo -come canti bene! Lascia che senta pure io, canta di nuovo.- -No- rispose l’uccello -non canto due volte senza una ricompensa: se mi dai la macina canterò di nuovo.- -Sì- disse l’uomo -se solo fosse mia te la darei.- -Sì- dissero gli altri -se canta di nuovo l’avrà.- Allora l’uccello scese e i mugnai, tutti e venti, con l’aiuto di una leva sollevarono la macina: Oh! oh, op! Oh, oh, op! Oh, oh, op! L’uccello vi introdusse il capo e la mise come un collare; poi tornò sull’albero e cantò:-La mia mamma mi ha ammazzato e mio padre mi ha mangiato. Marilena, la mia sorella, l’ossa ha legato con la cordicella; una corda di seta ha usato, e sotto il ginepro ha tutto celato. Cip! Cip! Che bell’uccello ha qui cantato!-Quand’ebbe finito di cantare, distese le ali e aveva nella zampa destra la catena, nella sinistra le scarpe e la macina intorno al collo; e volò via verso la casa di suo padre. Nella stanza il padre, la madre e Marilena erano a tavola, e il padre disse: -Ah, che gioia, mi sento felice!-. -No- disse la madre -io ho paura, come quando sta per arrivare un gran temporale.- Marilena invece se ne stava seduta e piangeva, piangeva. In quel mentre arrivò l’uccello e, quando si posò sul tetto, -Ah- esclamò il padre -sono tanto felice, e come splende il sole là fuori! è come se dovessi rivedere un vecchio amico!-. -No- disse la donna -io ho tanta paura: mi battono i denti ed è come se avessi del fuoco nelle vene!- E si strappò il corpetto e tutto il resto. E Marilena se ne stava seduta in un angolo a piangere, tenendo il grembiule davanti agli occhi, e lo bagnava di lacrime. Allora l’uccello si posò sul ginepro e cantò:-La mia mamma mi ha ammazzato-La donna si tappò le orecchie e chiuse gli occhi per non vedere e non sentire, ma le orecchie le rintronavano come se vi rumoreggiasse la tempesta e gli occhi le bruciavano come folgorati da lampi. -e mio padre mi ha mangiato.–Ah, mamma!- esclamò l’uomo -c’è fuori un bell’uccello che canta tanto bene! e il sole è così caldo! e par di sentire odor di cinnamomo.–Marilena, la mia sorella,-Allora Marilena mise la testa sulle ginocchia e si mise a piangere a dirotto, ma l’uomo disse: -Vado fuori, devo vedere l’uccello da vicino-. -Ah, non andare!- disse la donna -a me pare che tremi tutta la casa e che sia in fiamme.- Ma l’uomo uscì a guardare l’uccello. -l’ossa ha legato con la cordicella; una corda di seta ha usato, e sotto il ginepro ha tutto celato. Cip! Cip! Che bell’uccello ha qui cantato.-Terminato il canto, l’uccello lasciò andare la catena d’oro proprio intorno al collo dell’uomo, e gli stava a pennello. Allora l’uomo rientrò e disse: -Vedessi che bell’uccello! mi ha regalato una catena d’oro ed è così bello!-. Ma la donna aveva una gran paura e cadde a terra lunga distesa e la cuffia le cadde dalla testa. E l’uccello cantò di nuovo:-La mia mamma mi ha ammazzato–Ah, potessi sprofondare sotto terra, da non doverlo sentire.–e mio padre mi ha mangiato-La donna stramazzò a terra, come morta-Marilena, la mia sorella,–Ah- disse Marilena -voglio uscire anch’io; chissà se l’uccello regala qualcosa anche a me!- E uscì-l’ossa ha legato con la cordicella, una corda di seta ha usato,-E l’uccello le gettò le scarpe. -e sotto il ginepro ha tutto celato Cip! Cip! Che bell’uccello ha qui cantato.-Allora Marilena si sentì felice e piena di gioia. Infilò le scarpette rosse, si mise a danzare e corse in casa. -Ah- disse -ero così triste quando sono uscita, e adesso sono così allegra! Che uccello magnifico! mi ha regalato un paio di scarpette rosse.- -No.- disse la donna, saltò in piedi e i capelli le si rizzarono sulla testa come fiamme -mi sembra che il mondo stia per crollare; uscirò anch’io: forse starò meglio.- Ma come oltrepassò la soglia, paff!, l’uccello le buttò la macina sulla testa, ed essa stramazzò a terra morta. Il padre e Marilena sentirono e corsero fuori: fumo e alte fiamme si sprigionarono dal suolo e, quando tutto cessò, ecco il fratellino che prese per mano il padre e Marilena. Tutti e tre felici entrarono in casa e si misero a tavola a mangiare.

Contesto
Interpretazioni
Linguistica
„La fiaba del ginepro“ è una delle storie raccolte dai Fratelli Grimm, ricca di elementi simbolici e tematiche profonde. La narrazione si apre con una coppia di sposi che desidera ardentemente un figlio. La moglie, dopo un evento simbolico in cui il suo sangue cade sulla neve, esprime il desiderio di avere un figlio con la carnagione rossa come il sangue e bianca come la neve. Alla fine, il suo desiderio si avvera, ma muore dopo aver dato alla luce il bambino.
Il marito, nel corso del tempo, si risposa e dalla seconda moglie ha una figlia. Tuttavia, la matrigna sviluppa un odio crescente verso il bambino, vedendolo come un ostacolo per il futuro della figlia. In un atto crudele, la matrigna uccide il bambino chiudendo il coperchio di un pesante cassone sulla sua testa, e poi cucina il suo corpo in una salsa, servendolo ignara al marito.
Marilena, la figlia della matrigna, piange disperatamente per la morte del fratello, ma raccoglie le sue ossa e le seppellisce sotto un ginepro. Da questo punto, emerge l’elemento magico, con l’apparizione di un uccello miracoloso dal ginepro, che porta giustizia e riscossa per il bambino. L’uccello vaga cantando una canzone che racconta la sua tragica storia, ricevendo in cambio doni da chi lo ascolta. Alla fine, l’uccello ritorna alla casa del padre e della matrigna, distribuendo i doni al padre e alla sorellastra, e punendo la matrigna con la morte.
L’elemento di resurrezione alla fine, quando l’uccello si trasforma nuovamente nel bambino, porta al completamento di un cerchio di redenzione e riconciliazione familiare, con il padre, Marilena, e il bambino riuniti in una ritrovata felicità.
Questa storia tocca temi come il desiderio di maternità, la gelosia, l’ingiustizia, la morte e la resurrezione, arricchiti da simbolismi come il ginepro, il sangue e la neve, che sottolineano aspetti di purezza, sacrificio e rinascita.
„Il ginepro“ dei Fratelli Grimm è una fiaba macabra e complessa che esplora temi di amore, invidia e redenzione attraverso un intreccio narrativo ricco di simbolismo.
L’uccello che emerge dall’albero di ginepro rappresenta una figura di resurrezione e giustizia. Dopo essere stato ucciso dalla matrigna e „consumato“ dal padre, il ritorno del bambino nella forma di un uccello canta la sua tragica storia, assumendo il ruolo di narratore e giudice. Il suo canto non solo rivela la verità al mondo, ma funge anche da forza liberatrice, infondendo felicità a Marilena e donando doni materiali simbolici (la catena d’oro, le scarpette rosse, la macina) che sembrano restaurare l’armonia sociale.
Simbolismo
Il ginepro stesso simboleggia fertilità e rinascita. La prima moglie è sepolta sotto questo albero, e dal suo dolore e dalla sua gioia condivisa sorge una nuova vita, inizialmente nei panni di un bambino che perisce, per poi tornare come un uccello liberatore. I doni che l’uccello distribuisce possono servire come emblemi di trasformazione e guarigione: la catena d’oro potrebbe simboleggiare legami rinnovati, mentre le scarpe rosse rappresentano libertà e gioia ritrovata.
Temi di Invidia e Retribuzione
La figura della matrigna è centrale nel dramma dello sviluppo narrativo, rappresentando sia la gelosia che l’ambizione sfrenata. La sua punizione alla fine della storia, sancita dall’uccello attraverso il simbolo opprimente della macina, chiude un ciclo di violenza con una forma di giustizia definitiva. Il suo desiderio di eredità per la figlia non porta che a divisioni e conflitto, culminando in una tragica caduta.
Catarsi e Conclusione
La fiaba culmina in una catarsi, un vero e proprio ritorno alla pace e alla felicità una volta che il ciclo di violenza è spezzato. La resurrezione del bambino e la rimozione della matrigna dall’equazione familiare riportano armonia e speranza, simbolizzate dal ritorno alla tavola per un pasto condiviso tra i membri superstiti della famiglia.
Osservazioni Finali
„Il ginepro“ dei Fratelli Grimm offre una gamma di spunti di riflessione. Le sue tinte macabre sono stemperate da elementi di giustizia e redenzione, e la storia tocca corde universali di perdita, vendetta e rinascita. Le trasformazioni ed azioni magiche che risolvono il conflitto sono tipiche delle fiabe, ma in questo racconto si integrano con delicatezza in una narrativa che mescola etica e moralità con immagini vivide e simboliche.
L’analisi linguistica della fiaba „Il ginepro“ dei Fratelli Grimm può essere scomposta in vari aspetti per comprendere meglio la struttura narrativa, i temi, i personaggi e lo stile.
Ecco un’analisi approfondita:
Struttura Narrativa
Introduzione: La fiaba inizia con una descrizione classica, „Molto tempo fa,“ stabilendo un tono di favola tradizionale. Introduce la coppia senza figli e il ginepro, che assume un ruolo simbolico nel racconto.
Sviluppo: La successione temporale dei mesi scandisce il progresso della gravidanza della donna, evidenziando elementi naturali e stagionali. L’episodio della madre che si taglia e desidera un bambino introduce l’elemento soprannaturale e premonitore.
Conflitto: L’arrivo della matrigna introduce il tema dell’odio e della gelosia. La violenza del suo atto verso il bambino sottolinea la spaccatura emotiva e morale.
Climax: La resurrezione simbolica attraverso l’ornitomorfosi (trasformazione del bambino in un uccello) è il punto più alto dell’elemento fantastico, amplificando il tema della giustizia poetica.
Risultato/Conclusione: Il ritorno alla normalità e l’armonia familiare finale dopo la punizione della matrigna chiude il ciclo della storia.
Temi e Simbolismo
Maternità e Fertilità: La donna desidera ardentemente un figlio, un tema comune che simboleggia la vita e la continuità generazionale.
Natura e Ciclicità: Le stagioni accompagnano la storia, riflettendo la naturalezza delle esperienze umane come nascita, morte e rinascita.
Metamorfosi e Rinascita: La trasformazione del bambino in uccello è simbolica di rinascita e purificazione.
Giustizia e Punizione: La morte della matrigna rappresenta una forma di giustizia fiabesca, comune nei racconti dei Grimm, dove il male è punito attraverso mezzi straordinari.
La Madre: Rappresenta il desiderio naturale e innocente, ma il suo ruolo è di breve durata. La sua morte e la sepoltura sotto il ginepro diventano un atto sacrificale.
Il Bambino/Uccello: Emblema di purezza e innocenza, subisce un’ingiustizia ma viene vendicato in modo magico.
La Matrigna: Incarnazione della gelosia e della malvagità, agisce per arricchire la figlia biologica, ma la sua fine suggella il tema della giustizia divina.
Marilena: Inizialmente complice involontaria, il suo dolore autentico e la successiva felicità evidenziano la sua innocenza.
Stile e Linguaggio
Linguaggio Semplice e Diretto: Caratteristico delle fiabe, facilita la comprensione del racconto per tutte le età.
Tono Fiabesco: L’uso di frasi ripetitive e di ritmi cantilenanti conferisce musicalità, soprattutto nei versi cantati dall’uccello.
Simboli e Metafore: Frequenti, come il ginepro che simboleggia la protezione e la connessione tra il mondo dei vivi e l’aldilà.
Dialoghi e Descrizioni Vivide: Rendono la narrazione dinamica e aiutano a caratterizzare i personaggi.
Conclusione
„Il ginepro“ cattura il lettore attraverso una narrazione intensa e simbolica, dove elementi naturali si intrecciano con l’intervento soprannaturale per raccontare una storia di perdita, ingiustizia e infine redenzione. La complessità morale e simbolica rivela la maestria narrativa dei Fratelli Grimm nel tessere racconti che risuonano con significati profondi e universali.
Informazioni per analisi scientifiche
Indicatore | Valore |
---|---|
Numero | KHM 47 |
Aarne-Thompson-Uther Indice | ATU Typ 720 |
Traduzioni | EN, DA, ES, FR, PT, FI, IT, JA, NL, PL, RU, TR, VI, ZH |
Indice di leggibilità di Björnsson | 33.7 |
Flesch-Reading-Ease Indice | 31.6 |
Flesch–Kincaid Grade-Level | 12 |
Gunning Fog Indice | 15.3 |
Coleman–Liau Indice | 9.7 |
SMOG Indice | 12 |
Indice di leggibilità automatizzato | 6.7 |
Numero di caratteri | 14.661 |
Numero di lettere | 11.340 |
Numero di frasi | 170 |
Conteggio parole | 2.613 |
Parole medie per frase | 15,37 |
Parole con più di 6 lettere | 478 |
Percentuale di parole lunghe | 18.3% |
Sillabe totali | 4.929 |
Sillabe medie per parola | 1,89 |
Parole con tre sillabe | 618 |
Parole di percentuale con tre sillabe | 23.7% |