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Il buon affare
Grimm Märchen

Il buon affare - Fiaba dei Fratelli Grimm

Tempo di lettura per bambini: 10 min

Un contadino aveva portato la sua mucca al mercato e l’aveva venduta per sette scudi. Tornando a casa doveva passare vicino a uno stagno; già da lontano udì le rane gracidare: „Qua, qua, qua, qua.“ – „Sì,“ disse fra sé‚ „le senti strillare fin dal campo d’avena. Sette scudi ho riscosso, non quattro.“ Quando fu vicino all’acqua gridò: „Stupide bestie che siete! Non vi hanno informato meglio? Sono sette gli scudi, non quattro!“ Ma le rane continuarono a fare „qua, qua, qua, qua.“ – „Be‘, se non volete crederci posso contarveli.“ Tirò fuori il denaro di tasca e contò i sette scudi, cento soldi per volta.

Il buon affare Fiaba

Ma le rane non si curarono dei suoi conti e continuarono a gracidare: „Qua, qua, qua, qua.“ – „Oh,“ esclamò il contadino infuriato, „se credete di saperlo meglio di me, contate voi,“ e gettò tutto il denaro in acqua. Si fermò e attese che avessero finito e gli ridessero il suo avere, ma le rane persistettero ostinatamente a gracidare „qua, qua, qua, qua,“ e non gli restituirono il denaro. Egli attese ancora un bel pezzo finché‚ si fece sera e dovette ritornare a casa. Allora prese a rimproverare le rane e gridò: „Sciaguattone, avete una gran bocca e sapete strillare da far male alle orecchie, ma sette scudi non sapete contarli! Pensate che io voglia stare qui finché‚ avete finito?“ E se ne andò, ma le rane gli gracidarono ancora dietro „qua, qua, qua, qua“ cosicché‚ egli rincasò di pessimo umore.

Dopo un po‘ di tempo acquistò un’altra mucca, la macellò e calcolò che, vendendo bene la carne, avrebbe potuto ricavare il prezzo delle due mucche, oltre ad avere la pelle. Quando giunse in città con la carne, davanti alla porta accorse un intero branco di cani preceduto da un grosso levriero; questo saltò intorno alla carne, annusò e abbaiò: „Bau, bau, bau, bau.“ Siccome non voleva smetterla, il contadino gli disse: „Sì, lo so, fai ›bau, bau‹ perché‚ vorresti un po‘ di carne, ma io farei un bell’affare se te la dessi!“ Ma il cane non rispose altro che „bau, bau.“ – „Se tu non te la mangerai, garantisci per i tuoi compagni?“ – „Bau, bau,“ disse il cane. „Be‘, se insisti te la lascerò, ti conosco bene e so da chi presti servizio; ma ricordati: fra tre giorni devo avere il mio denaro, me lo porterai.“ Dopo di che scaricò la carne e tornò indietro. I cani vi si lanciarono sopra abbaiando forte „bau bau!“ Il contadino, che li udiva da lontano, disse fra s‘: „Senti senti, adesso ne vogliono tutti, ma quello grosso me ne sarà garante.“

Passati tre giorni, il contadino pensò tutto contento: Questa sera avrai il tuo denaro in tasca. Ma nessuno venne a pagarlo. „Non ci si può fidare di nessuno,“ disse, e infine gli scappò la pazienza, andò in città dal macellaio e pretese il suo denaro. Il macellaio pensò che fosse uno scherzo, ma quando il contadino disse: „Lasciamo perdere gli scherzi, io voglio il mio denaro. Il cane grosso non vi ha portato tre giorni fa l’intera mucca macellata?“ Il macellaio andò in collera, afferrò un manico di scopa e lo cacciò fuori. „Aspetta,“ disse il contadino, „c’è ancora giustizia a questo mondo!“ e andò al castello reale e chiese udienza. Fu condotto innanzi al re, che sedeva accanto a sua figlia e gli domandò quale torto gli avessero fatto. „Ah,“ disse lui, „le rane e i cani hanno preso il mio avere, e il macellaio mi ha ripagato per questo con il bastone.“ E narrò minuziosamente come era andata. Allora la figlia del re scoppiò a ridere e il re gli disse: „Non posso darti ragione, ma in compenso ti darò in moglie mia figlia. In tutta la sua vita non ha mai riso, tranne appunto di te, io l’ho promessa a colui che la facesse ridere. Puoi ringraziare Dio per la tua fortuna.“ – „Oh,“ rispose il contadino, „non la voglio affatto: a casa ho una donna sola, e quando torno a casa è come se ce ne fosse una in ogni angolo.“ Allora il re andò in collera e disse: „Se sei così villano devi avere un’altra ricompensa: ora vattene, ma fra tre giorni ritorna che te ne saranno contati cinquecento.“

Quando il contadino uscì dalla porta, la sentinella disse. „Hai fatto ridere la figlia del re, avrai ricevuto qualcosa per questo.“ – „Lo credo bene,“ rispose il contadino, „me ne pagheranno cinquecento.“ – „Senti,“ disse il soldato, „dammene un po‘, cosa vuoi fartene di tutto quel denaro!“ – „Be‘,“ disse il contadino, „perché‚ sei tu te ne darò duecento; fra tre giorni presentati al re e fatteli contare.“ Un ebreo che era lì vicino e aveva udito la conversazione, corse dietro al contadino, lo prese per la giubba e disse: „Gran Dio, siete proprio fortunato. Voglio cambiarveli, voglio convertirli in moneta spicciola, che ve ne farete di quegli scudi sonanti!“ – „Giudeo,“ disse il contadino, „puoi averne ancora trecento; dammeli subito in spiccioli e di qui a tre giorni sarai pagato dal re.“ L’ebreo fu contento del piccolo guadagno e portò la somma in soldi di cattiva lega, che tre ne valevano due buoni. Trascorsi i tre giorni, il contadino si recò dal re, come gli era stato ordinato. „Togliti la giubba,“ disse questi, „devi avere i tuoi cinquecento.“ – „Ah,“ disse il contadino, „non appartengono più a me: duecento li ho regalati alla sentinella e trecento me li ha cambiati l’ebreo; non ho più diritto neanche a uno.“ In quella entrarono il soldato e l’ebreo e pretesero ciò che avevano ottenuto dal contadino; ed ebbero le botte secondo quanto spettava loro. Il soldato le sopportò con pazienza poiché‚ ne conosceva già il sapore; l’ebreo invece gemeva: „Ahimè, sono questi gli scudi sonanti!“ Il re dovette ridere del contadino e dato che la collera era scomparsa gli disse: „Siccome hai perso il compenso ancora prima di riceverlo, ti voglio risarcire: vai nella camera del tesoro e prendi tutto il denaro che vuoi.“ Il contadino non se lo fece dire due volte e si ficcò in tasca tutto quello che poteva starci. Poi andò all’osteria e contò il suo denaro. L’ebreo gli era andato dietro e lo sentiva brontolare fra s‘: „Quel briccone del re mi ha menato per il naso! Non poteva darmelo lui stesso il denaro? Adesso almeno saprei quanto ho: come posso sapere se è giusto quel che mi sono ficcato in tasca?“ – „Dio guardi!“ disse l’ebreo fra s‘. „Costui parla con disprezzo del nostro signore: corro subito a dirlo, otterrò una ricompensa e lui, per di più, sarà punito.“ Quando il re venne a sapere il discorso del contadino, andò in collera e ordinò all’ebreo di andare a prendere il colpevole. L’ebreo corse dal contadino: „Dovete venir subito da Sua Maestà, senza indugio.“ – „So meglio di voi quel che ci vuole,“ rispose il contadino, „prima mi faccio fare una giubba nuova; credi forse che con tutto il denaro che ho, voglia andarci vestito di stracci?“ L’ebreo comprese che senza una giubba nuova il contadino non si sarebbe mosso, e siccome temeva che, sfumando la collera del re, egli ci avrebbe rimesso la sua ricompensa e il contadino la sua punizione, disse: „Vi presterò la mia giubba per pura amicizia: che cosa non si fa quando si vuole bene!“ Il contadino accettò, indossò la giubba dell’ebreo e andò con lui dal re. Il re rinfacciò al contadino le male parole che l’ebreo gli aveva riferite. „Ah,“ rispose il contadino, „ciò che dice un ebreo è sempre falso; a loro non esce di bocca neanche una parola che sia sincera! Questo qui ha il coraggio di dire che io ho addosso la sua giubba!“ – „Che volete dire?“ esclamò l’ebreo. „Non è mia la giubba, non ve l’ho forse imprestata per amicizia, perché‚ poteste presentarvi davanti a Sua Maestà?“ All’udire queste parole il re disse: „L’ebreo ha di certo ingannato qualcuno: o me, o il contadino.“ E gli fece suonare ancora qualche scudo sulla groppa. Il contadino invece se ne ritornò a casa con la sua bella giubba e con il suo bel denaro in tasca e disse: „Questa volta l’ho imbroccata!“

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Contesto

Interpretazioni

Linguistica

La fiaba „Il buon affare“ dei Fratelli Grimm racconta la storia di un contadino ingenuo ma fortunato. Inizia con il contadino che vende la sua mucca al mercato per sette scudi. Sulla via di casa, discute con le rane di uno stagno che sembrano contraddirlo, dicendo „qua“ come se contassero solo quattro scudi. Infuriato, getta i suoi soldi nello stagno chiedendo alle rane di contarli. Tornato a casa, compra un’altra mucca, la macella e decide di vendere la carne sperando di ottenere un buon profitto. Tuttavia, un gruppo di cani guidato da un levriero gli abbaia attorno e il contadino, sempre con l’atteggiamento istintivo e credulone, affida la carne al cane grande, aspettandosi di essere pagato in tre giorni.

Quando il denaro non arriva, il contadino va dal macellaio in città per chiedere il pagamento, ma viene scacciato a bastonate. Decide così di chiedere giustizia al re. Al cospetto del sovrano, descrive ingenuamente gli eventi, facendo ridere la figlia del re, che non rideva mai. Per questo, il re promette la mano della figlia al contadino, che però rifiuta, portando il re a volerlo ricompensare con 500 frustate simboliche (in realtà intendeva denaro), che il contadino fraintende e condivide con una sentinella e un ebreo in città.

Alla fine, quando il contadino si presenta dal re e chiarisce il malinteso, ottiene dal re il permesso di prendere tutto il denaro che può portare. L’ebreo, cercando di trarre vantaggio e riportando malevolmente le parole del contadino al re, finisce per essere punito. Il contadino, usando la sua nuova astuzia sviluppata dalle esperienze passate, ne esce vittorioso e con il denaro intascato.

La storia illustra temi come l’ingenuità, la fortuna imprevedibile e l’antipatia verso l’avidità e la disonestà, tipiche delle fiabe dei fratelli Grimm, dove il protagonista spesso ottiene un lieto fine nonostante le difficoltà mettono in risalto la sua semplicità e onestà.

La fiaba „Il buon affare“ dei Fratelli Grimm offre un’interpretazione su come l’assurdità e l’ingenuità possano, paradossalmente, condurre a situazioni fortunate o fare ottenere vantaggi inaspettati. A prima vista, sembra una semplice storia di sfortuna e malintesi, ma in realtà evidenzia diversi temi e interpretazioni sia sul piano individuale che sociale.

Ingenuità e Fortuna: Il contadino è un personaggio ingenuo, che prende alla lettera le comunicazioni non verbali di animali e cani e agisce impulsivamente. Tuttavia, nonostante le sue azioni irrazionali – come gettare il denaro nello stagno e affidare la carne a un cane – le circostanze giocano a suo favore, portandogli fortuna e vantaggi. Questo può suggerire che, a volte, la fortuna può sorridere anche a chi agisce in modo ingenuo o inconsapevole.

La Reazione dell’Autorità: La risata della figlia del re di fronte all’assurdo comportamento del contadino porta a un’opportunità che sottolinea come anche l’assurdo può spezzare la monotonia della vita reale e farsi notare dalle autorità. Il re, invece di punirlo, decide di compensarlo, evidenziando così come l’autorità possa essere influenzata e addolcita dal ridicolo e dall’assurdo.

Il Ridicolo e la Critica Sociale: Il comportamento del contadino e la sua interazione con il macellaio, le rane e i cani, nonché la sua pretesa di denaro dal re, offrono una critica sottile alla società e alle sue istituzioni. La storia suggerisce che la linearità e la razionalità delle norme sociali non sempre si allineano con il comportamento umano assurdo e imprevedibile.

Le Nuove Opportunità: Pur essendo scettico e inizialmente riluttante, il contadino riceve la possibilità di una nuova vita grazie alla risata della principessa, sottolineando l’idea che l’assurdo e l’inaspettato possano aprire nuove strade e opportunità.

L’Avidità e la Giustizia: L’interazione del contadino con la sentinella e l’ebreo dimostra come l’avidità possa sfociare in conseguenze negative, come le punizioni corporali da parte del re, e come il contadino, pur ingenuo, riesca a sfuggire alle trappole dell’avidità altrui.

In sintesi, „Il buon affare“ dei Fratelli Grimm utilizza il ridicolo, l’assurdo e l’elemento del caso per creare una storia nella quale l’ingenuità e la fortuna portano a conseguenze imprevedibili, mettendo in luce meccanismi sociali e psicologici che operano tanto nel mondo fiabesco quanto in quello reale.

L’analisi linguistica di una fiaba come „Il buon affare“ dei Fratelli Grimm richiede un esame delle caratteristiche linguistiche e narrative tipiche di questa forma letteraria.
Struttura narrativa: La fiaba segue la struttura tradizionale del viaggio dell’eroe, con il contadino che parte da una situazione iniziale, affronta delle sfide e infine raggiunge una sorta di risoluzione o cambiamento. La narrazione è lineare, con eventi che si succedono cronologicamente.

Uso del dialogo: I dialoghi sono fondamentali nella fiaba. Semplici e diretti, servono a portare avanti la trama e a caratterizzare i personaggi. Ad esempio, le interazioni del contadino con le rane, i cani, e infine il re e gli altri personaggi sono basilari per comprendere la sua ingenuità e, al contempo, la sua astuzia.

Ripetizione: La ripetizione è un elemento stilistico comune nelle fiabe. Frasi come „qua, qua, qua, qua“ e „bau, bau, bau, bau“ rafforzano l’aspetto rituale e musicale della narrazione, e facilitano la memorizzazione da parte del pubblico.

Elementi fantastici: Le fiabe spesso includono elementi di magia o situazioni fantastiche che non seguono le normali leggi della logica e della fisica. In questa storia, le rane „contano“ il denaro e i cani „garantiscono“ per il pagamento, introducendo elementi di assurdità che sono tipici del genere.

Semplicità del linguaggio: Il linguaggio è semplice e accessibile, adatto a un pubblico di tutte le età. Le descrizioni sono minime, e l’enfasi è posta sui personaggi e sull’azione.

Morale e ironia: C’è una sottile ironia nella fiaba, in particolare nel modo in cui il contadino, attraverso situazioni apparentemente assurde e la sua stessa ingenuità, riesce comunque a trarre vantaggio. La morale sembra suggerire che a volte l’ingenuità può portare a un esito fortunato, o che l’astuzia può manifestarsi in forme impreviste.

Caratterizzazione dei personaggi: I personaggi sono tipizzati piuttosto che complessi. Il contadino rappresenta l’uomo comune, mentre il macellaio, l’ebreo, e il re rappresentano tipi sociali riconoscibili (l’autorità, l’affarista, il sovrano).

Utilizzo dell’umorismo: C’è un uso deliberato dell’umorismo, evidente nelle situazioni paradossali e nei dialoghi. L’umorismo deriva spesso dall’inadeguatezza tra le aspettative dei personaggi e le loro azioni.

Questi elementi contribuiscono a creare una fiaba che intrattiene e al contempo offre spunti di riflessione sulle dinamiche sociali e umane.


Informazioni per analisi scientifiche

Indicatore
Valore
NumeroKHM 7
Aarne-Thompson-Uther IndiceATU Typ 1642
TraduzioniDE, EN, EL, DA, ES, PT, FI, IT, JA, NL, KO, PL, RU, TR, VI, ZH
Indice di leggibilità di Björnsson36.7
Flesch-Reading-Ease Indice30.3
Flesch–Kincaid Grade-Level12
Gunning Fog Indice16.7
Coleman–Liau Indice10.2
SMOG Indice12
Indice di leggibilità automatizzato7.8
Numero di caratteri7.743
Numero di lettere5.960
Numero di frasi80
Conteggio parole1.351
Parole medie per frase16,89
Parole con più di 6 lettere268
Percentuale di parole lunghe19.8%
Sillabe totali2.545
Sillabe medie per parola1,88
Parole con tre sillabe340
Parole di percentuale con tre sillabe25.2%
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